Bravo Cav., peccatore ....

Bravo Cav., peccatore

I cittadini possono mandarlo a casa, non i risibili tribunali puritani

I miei complimenti al presidente del Consiglio o, come noi preferiamo chiamarlo, al Cav. Ha fatto benissimo a dire spavaldo che ama la vita e le donne, che nessuno gli farà mai cambiare stile di vita. E’ stato vero e tosto e ammirevole nel respingere con totale sprezzatura le goffe accuse dei soliti sepolcri imbiancati, italiani ed esteri. Ho avuto all’inizio una reazione imbarazzata, impacciata, con sentimenti goffi e la tentazione censoria conformista, una reazione che è quella della mia classe di piccola borghesia intellettuale e del mio modo di vivere diverso dal suo, comprese le ombre.

Poi ho pensato questo che segue, e ora lo condivido con i lettori, pronto a discutere il loro eventuale dissenso. Dunque, il Cav. non si è mai presentato altrimenti da quello che è. Questo è l’importante. I suoi omaggi devoti sono sempre stati puramente esornativi, chiari frutti della tipica personalità dissociata del maschio italiano, e forse del maschio latino in generale: veniali bugie bianche, alla fine, o bugie innocenti, atteggiamenti difensivi. Se lo condanniamo per aver aderito ipocritamente alla manifestazione per la famiglia, o per altre prestazioni pubbliche apparentemente prone alle regole della morale cattolica, ma non confermate dai comportamenti privati, non abbiamo capito niente della sua morale personale e della morale cattolica in generale.
Berlusconi non è un puritano. Non è un uomo castigato, ma non si è mai presentato come tale.

E’ uomo della folla, peccatore per definizione e per definizione timorato di Dio. Non è in nome di un protocollo personale alto e istituzionale che ha chiesto e ottenuto per tre volte i voti, una maggioranza per governare. I valori che ha messo in campo sono fin troppo nobili e altisonanti, condensati addirittura in un credo recitato come una litania nei congressi. Ma la verità della recita è sempre stata il sorriso vagamente bugiardo, l’ammiccamento, il lifting, la dentatura e la capigliatura che combattono a tutti i costi l’età, la bandana, la guasconaggine sessuale, la barzelletta a doppio senso, una gioiosa e perversa, ma libera e dichiarata, idea di immortalità personale (suffragata anche dal legame con un prete mezzo pazzo e mezzo santo, don Verzè, che gliela garantisce). Il Cav. è espansivo fino al più estremo e ludico cerchio del purgatorio della commedia umana. Berlusconi è anche a suo modo quel che si dice bonariamente un puttaniere, un womanizer, un libertino giocoso e gaudente; una parte della sua esistenza l’ha da sempre dedicata a una socievolezza vagamente trasgressiva, il che non gli ha impedito di fare cinque figli, di nutrire del suo affetto due famiglie e due matrimoni, finché sono durati.

Gli credo. Credo anche nel piccolo tocco dickensiano dell’uomo di cuore che si preoccupa di affidare a una sua protetta l’amica di qualche notte incorsa in una disavventura, la puttanella di strada con una storia critica alle spalle, e che per farlo rischia quella oscena cosa che è la reputazione inconcussa, tanto diversa dall’onore. Bravo, ha fatto bene a telefonare, a fottersene delle convenzioni, a mandare la Nicole a prendere Ruby in questura, e a spacciarla per la nipote di Mubarak, ciò che solo la sua fantasia e il suo senso del grottesco da commedia all’italiana potevano ideare per cavare d’impiccio quella ragazza di strada che era capitata chissà come a una delle sue feste, a uno dei suoi legittimi e barocchetti intrattenimenti domestici a base di Sanbittér, la bevanda che solo un maturo Ganimede, coppiere degli dei, può offrire a una festa.

I soldi, i regali. Berlusconi è da sempre il suo denaro, e non lo ha mai nascosto. Ha indotto Bruno Vespa ad annusare la sua mano, proponendogli di tributare un omaggio rituale all’arto che “ha fatto il grano”. Il grano è la sua goduria, il complemento decisivo del suo carattere di leader democratico, che piace alla gente di questo basso e meraviglioso mondo del suffragio universale per la sua generosità nello spendere non meno che per la sua abilità nell’acquisire. Fa regali alle ragazze, e questo che vuol dire, cari bigotti? Non è Arpagone, è Berluscone, come dicono a Napoli, e meriterebbe un Molière più che l’ottimo D’Avanzo.

Ho riserve cruciali sul modo di governare del Cav., e si sa. Penso che commetta un numero di errori politici pari solo ai suoi talenti naturali. Penso anche a quanto si e ci mette in difficoltà concedendo ai suoi nemici il vantaggio estremo di un’ipocrisia bacchettona, e combattendola talvolta con una simmetrica tartufaggine. Penso alla sua imprudenza, e mi preoccupo in amicizia per il suo modo di spendere la vita. Ma la sua vita è una decisione solo sua, ovviamente. E il resto lo decidono gli elettori, non i giornali, non i tribunali dell’opinione, non i guru che non hanno mai capito il fenomeno Berlusconi per mancanza di intelligenza, di sense of humour e di comune umanità. Il Cav. si può sempre mandare a casa. E’ una decisione sovrana dei cittadini. Non può essere il frutto di una, cento, mille imboscate delatorie. Di una serie infinita di violazioni della sua privacy. Di tiritere goffe sulla ricattabilità del politico, quando tutti sanno che ricattabili sono i cento puttanieri di cui non si sa nulla, il cui cesso non è mai stato fotografato da allegre donnine, il cui profilo istituzionale è scolpito nel marmo della menzogna di stato.



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